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Visualizzazione dei post da febbraio, 2017

Pierale, il Moscato dolce di Leone de Castris

Leone de Castris è un'azienda che produce 2,5 milioni di bottiglie l'anno e la difficoltà maggiore per questo tipo di viticoltori è poter mantenere un alto livello produttivo senza per questo penalizzare la qualità, seguendo una filosofia di attenzione verso il prodotto di una piccola-media impresa. La sede aziendale è Salice Salentino, piccolo comune situato nella penisola salentina, mentre i vigneti si trovano anche a Copertino e Locorotondo. Il prodotto più famoso è il Five Roses, primo vino rosato ad essere venduto in Italia a partire da 1943 e il Salice Salentino Riserva, un vino rosso messo in commercio nel 1954 ma che ancora oggi possiamo trovare ad uno strepitoso rapporto qualità-prezzo. Accanto a questi portabandiera da milioni di bottiglie, Leone de Castris negli ultimi anni ha proposto anche altre prodotti più di nicchia come il Salice Salentino Donna Lisa Riserva, un rosso di pregio da uve negroamaro con un saldo di malvasia nera che matura in barrique, che p

Vieux Chateau Saint Andrè (2010) - Saint-Emillon

Saint-Emillon è la più antica area viticola del territorio bordolese ed è caratterizzata dall'utilizzo quasi esclusivo di due vitigni come il Merlot e il Cabernet Franc, che in genere danno vita a vini rossi eleganti ma anche piacevolmente vigorosi e strutturati. Il clima è oceanico, temperato e umido, con temperature dolci in estate e una insolazione piuttosto limitata che rallenta la maturazione delle uve e che determina basse rese. Il territorio è formato da grave, silice e argilla con un plateau di calcare stratificato intorno alla cittadina di Saint-Emillion. Questo particolare terroir permette ai vini di mettere in mostra un tannino di rara eleganza e ottimo potenziale di affinamento. Da queste parti l'attenzione alla maturazione tecnologica, fenolica e aromatica delle uve è quasi un credo, mentre è ovviamente molto utilizzata la tradizionale barrique bordolese. In quest'area particolarmente fortunata da un punto di vista viticolo opera  Jean Claude Berrouet,

Splendida mini verticale di Colpetrone 5 annate.

Le verticali hanno sempre avuto per me un fascino indiscutibile nel variegato e umorale molto del vino. Un po' perchè permettono di capire come si è modificato un vino in base alle diverse annate, oppure in altri casi è lo stesso stile dell'azienda che è cambiato nel tempo. In ogni caso spesso gli stessi vini di diverse annate possono essere anche molto diversi tra di loro e questo può essere percepito appunto solo attraverso le verticali. Nel caso specifico parliamo di Colpetrone, azienda simbolo del Sagrantino di Montefalco, di base a Gualdo Cattaneo, una realtà che è finita sotto l'ombrello di Tenuta del Cerro (ex Saiagricola, attualmente in capo ad Unipol) che possiede altre tenute in Toscana. La produzione complessiva di Tenute del Cerro è di quasi 2 milioni di bottiglie mentre Colpetrone ha una produzione di 200 mila bottiglie all'anno, con una presenza in 40 paesi, con un bilanciamento tra mercato italiano e mercato estero. Il Sagrantino è un vitigno auto

Baccanera alla prova di assaggio del Pinot Nero Moro di Le Fracce, annata 2015

Il Pinot nero è senza dubbio uno dei vitigni più difficile da coltivare. Scontroso ed esigente, mette a dura prova la bravura di agronomi ed enologi, nonchè di ambiziosi produttori che si vogliono cimentare nella sua produzione. E se sappiamo che in Borgogna il Pinot nero ha la sua casa d'elezione ed è ormai appurato che riesce bene anche in Oregon, in altre parti del mondo bisogna cercare necessariamente delle microzone di territorio che per particolari condizioni climatiche e di terroir, portano alla produzione potenziale di buoni se non ottimi vini. Potenziale perchè conta anche la bravura di chi poi deve saperlo trattare in vigna, come in cantina e non tutti riescono nell'impresa di riuscire a produrre un Pinot nero con le caratteristiche che ti aspetti da un Pinot nero. Perchè l'altra grande particolarità di questo vitigno è che non ha mezze misure: in commercio ci sono prodotti veramente scadenti e altri che sono buoni o ottimi. Tra le zone italiane più voca

L'invitante semplicità del Dolcetto Bric Sorì

Il Dolcetto è un'uva a cui sono affezionato, come frequentatore del Monferrato e perché è legato a ricordi semplici di vendemmie nei caldi pomeriggi di settembre, con i trattori pieni di quest'uva nera e pruinosa da trasportare in cantina, dove poi, dopo una giornata infinita fatta di sole e caldo, arriva finalmente la sera che rinfresca Il Dolcetto nella sua estrema semplicità è anche un vino che si esprime in maniera molto diversa a seconda della zona di produzione. Ecco allora che abbiamo il Dolcetto di D'Alba, che è unanimemente considerato il migliore tra tutti quelli prodotti nelle varie tipologie, grazie ad un terroir particolarmente vocato, che esprime vini fruttati, tannici e vinosi anche se alle volte riescono un po' rustici. C'è poi il Dolcetto di Dogliani, con la sua bella fragranza, le note fresche e vivaci di vino giovane ma non scontato. Il Dolcetto d'Asti è il più morbido ed elegante, anche se non perde in generosa freschezza e giovialità

Breve storia del Veuve Clicquot etichetta gialla

Non tutti sanno che la multinazionale del lusso LVMH oltre a possedere brand notissimi della moda e più in generale del lusso come Bulgari, Louis Vitton, Dior, Kenzo, Sephora e molti altri, possiede anche marchi famosi nel mondo nel campo del vino come Chateau d'Yquem, Dom Perignon, Krug, Moet & Chandon, Dom Perignon, Ruinart, Veuve Clicquot tra i più importanti. La storia certamente più curiosa spetta a Veuve Clicquot, che nasce ufficialmente nel 1772 quando il banchiere e industriale tessile Philippe Clicquot, grande appassionato di vino, decide di razionalizzare i suoi possedimenti e di iniziare l'attività di produttore di vino. Gli affari vanno subito molto bene, tanto che l'espansione all'estero inizia quasi da subito e Philippe si dedica quasi esclusivamente alla Veuve Clicquot. A Philippe succede il figlio Francois che nel 1798 sposta Barbe Ponsardin, figlia di un noto commerciante di Reims, molto abile nella politica tanto da essere nominato barone da

Il Khamma e la bellezza dell'imperfezione

Ebbene si, alle volte anche se non si è perfetti si può stupire più ancora rispetto a chi alla perfezione è naturalmente portato o che ha tanto faticato e studiato per arrivarci. E' il caso del Khamma, passito di Pantelleria di Salvatore Murana, che non riesce ad essere perfettamente equilibrato nelle sue varie componenti gusto-olfattive, eppure mi ha stupito e mi è rimasto nella memoria come uno dei migliori passiti che abbia mai assaggiato. Innanzitutto è uno di quei vini estremamente territoriali che mi piacciono da subito, dal primo sorso. Che poi territoriale significa per me che un vino sappia esprimere pienamente un territorio complesso e variegato come l'isola di Pantelleria, con il suo territorio di origine vulcanica con le sue acque calde e i soffioni di vapore, le colate laviche che si tuffano nel mare azzurro intercalato dai faraglioni, i muri a secco utilizzati per bonificare il terreno dalle pietre e per delimitare le proprietà, il vento che spesso si most