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Visualizzazione dei post da marzo, 2016

Barolo Castelletto Docg (2008) - Giovanni Manzone

Barolo Castelletto di Giovanni Manzone Negli ultimi tempi ho la fortuna di assaggiare diversi ottimi vini piemontesi grazie all'amico Camillo, grande appassionato del Piemonte enologico e in particolare di Barolo e Barbaresco, con il quale sto assaggiando tanti bei prodotti, alcuni anche poco conosciuti. Nell'ultima degustazione a casa sua abbiamo assaggiato una vera chicca enologica, quel Giovanni Manzoni che a Monforte d'Alba produce tra gli altri il Barolo Castelletto e che ogni anni fa il pieno di premi e riconoscimenti dalle principali guide di settore. Non sono un tipo che si fa solitamente influenzare dalle guide e per essere ancora meno influenzabile faccio l'esatto contrario di quello che fanno molti: prima assaggio il vino e se mi piace verifico la sua valutazione sulle guide, che nel caso di Giovanni Manzoni sono tutte unanimemente d'accordo sull'alto valore dei suoi vini. L'azienda Giovanni Manzoni nasce nel 1925, quando l'antenat

Il Chianti Classico Riserva di Chigi Saracini

Chianti Classico di Chigi Saracini E' da un po' che mancavo di assaggi toscani e in particolare di Chianti. Così un venerdì sera uscendo di fretta dal lavoro ho deciso di allietare il mio week end enologico con questa bottiglia di Chianti Classico Riserva di Chigi Saracini e pregustando l'abbinamento con un ottimo (in quanto preparato da me) spezzatino di tacchino con patate e carote. Le origini di Chigi Saracini si perdono nel lontano XII secolo quando probabilmente fare il vino significava qualcosa di completamente diverso da oggi. Dopo successivi passaggi di proprietà e vari ingrandimenti della superficie vitata, la proprietà passa nelle mani del conte Guido Chigi Saracini, personaggio fuori dagli schemi, amante di musica classica con studi al conservatorio, che poco si cura della tenuta agricola tanto che verso la fine degli anni '60, poco dopo la sua scomparsa, la proprietà viene ceduta al Monte dei Paschi di Siena, che dopo qualche anno, decide di rilanci

Le regole auree dell'abbinamento vino-cibo.

Più ancora che degustare un vino la vera difficoltà sta nell'abbinare correttamente il vino al cibo. E allora ecco alcune regole sempre valide e utili quando si vuole abbinare vino e cibo, partendo dalla composizione dei piatti. Le due regole base che vengono applicate in (quasi) tutte le occasioni sono l'abbinamento per contrapposizione e l'abbinamento per concordanza. Nel primo caso il principio è quello secondo il quale sapidità, tendenza acida e tendenza amarognola, tendenza dolce e grassezza, untuosità e succulenza di un piatto, si abbinano per contrapposizione e quindi si deve cercare un vino con le caratteristiche opposte. Ancora più nel dettaglio ad un cibo con elevata untuosità e succulenza occorre contrapporre la capacità del vino di asciugare la bocca grazie all'apporto dei tannini e dell'alcol. Alla tendenza dolce in un cibo si abbina invece l'acidità di un vino, come invece per la grassezza si insiste su un vino particolarmente sap

Viaggio tra i vitigni autoctoni rari: il Vuillermin

Vuillermin di Institute Agricole Regional Il Vuillermin, questo sconosciuto. Questo vitigno autoctono valdostano si può davvero considerare raro e pochissimo conosciuto al di fuori della sua regione di origine, ovvero la Valle d'Aosta; ha rischiato più volte l'estinzione fino a quando, all'inizio del duemila, alcuni anziani contadini lo hanno segnalato a Giulio Moriondo, brillante enologo e biologo specializzato nello studio ampelografico della vite sulle Alpi. Nel frattempo il rinato interesse per i vitigni autoctoni rari italiani ha spinto alcuni visionari e coraggiosi imprenditori a impiantare in via sperimentale nelle loro vigne questo vitigno che ha un certo grado di parentela con il Fumin e il Mayolet (altro vitigno valdostano piuttosto raro). E vale la pena citarli tutti questi produttori che hanno scelto di coltivare e imbottigliare in purezza il Vuillermin: Bosc Mario, Giulio Moriondo, Diego Curtaz, Feudo di San Maurizio e l'Institute Agricol Region

Tre Barbera a confronto

La Barbera è croce e delizia dei viticoltori piemontesi, soprattutto negli ultimi anni quando ha più volte cavalcato le montagne russe del gusto dei consumatori, passando da vino 'rustico' ad autentica moda, poi ancora messo da parte per far posto a vini più 'moderni', ruffiani e più facili da interpretare. Parlando con alcuni produttori della zona del Monferrato è difficile trovare qualcuno che non si lamenti dei cali nelle vendite di questo autentico pezzo di storia contadina piemontese, soprattutto nei consumi delle giovani generazioni. Eppure sono ancora moltissimi i produttori seri e preparati che ancora credono in questo vitigno dalla storia lunghissima, fortemente territoriale e capace come pochi altri di regalare emozioni sia nelle annate più recenti sia come vino da invecchiamento, grazie ad una invidiabile acidità che lo rende longevo e adatto all'affinamento. E' poi da apprezzare per l'estrema versatilità in abbinamento in cucina, anche in

Valcalepio Bianco Doc (2014) - Il Calepino

Valcalepio Bianco di Il Calepino La vite nel bergamasco è coltivata fin dall'epoca romana, descritta ampiamente dal solito Plinio. Tuttavia, fino a verso la metà degli anni '70, la viticoltura bergamasca era in stato di abbandono, a causa di una industrializzazione selvaggia oltre ad una scarsa lungimiranza delle istituzioni locali verso un territorio collinare, che pur non essendo una delle zone più famose per la produzione vitivinicola, poteva comunque sviluppare delle potenzialità sicuramente inespresse fino a quel momento. La svolta si è avuta nel 1976, quando la cantina sociale bergamasca ha iniziato a sperimentare la vinificazione di vitigni autoctoni e internazionali, che hanno portato al riconoscimento della Doc Valcalepio Rosso, nella quale vengono utilizzati Merlot e Cabernet e la Doc Valcalepio Bianco, nella quale viene utilizzato il Pinot bianco e il Pinot Grigio. Da allora sono nate e si sono sviluppate numerose piccole e medie società vitivinicole che si

Il Monumentale Gattinara di Nervi nella difficile annata 2003

Gattinara di Nervi Nervi è' l'ultima azienda storica di Gattinara, fondata nel lontano 1906, ma di proprietà di un imprenditore norvegese che, durante la sua permanenza in Italia quando ancora era studente alla Bocconi, si è innamorato del vino italiano. Erling Astrup, insieme ad altri tre imprenditori norvegesi, nel 2009 ha acquisito il controllo di Nervi, acquistando le quote di proprietà della famiglia storica che si trovava in difficoltà finanziarie, credendo nel suo potenziale di sviluppo. Astrup ha saputo rilanciare un'azienda in difficoltà riuscendo nel difficile compito di mantenere la concezione tradizionale della lavorazione delle uve, con l'utilizzo della botte grande sia per la fermentazione che per l'affinamento, la raccolta rigorosamente manuale delle uve e come sempre tanta selezione, ad una visione moderna e imprenditoriale della conduzione economico-finanziaria di Nervi. Il clima continentale e di una bellezza sublime, con le colline ricope

Jacopo Biondi Santi e i suoi Sassoalloro e Braccale di Maremma

Il Sassoalloro di Jacopo Biomdi Santi In un ambiente paludato come quello vitivinicolo ogni minimo soffio di vento viene vissuto come un autentico terremoto. Nel 2013 moriva all'età di 91 anni il mitico Franco Biondi Santi, colui che ha fatto la storia di Montalcino con i suoi Brunello divenuti leggendari. La sua principale capacità, oltre naturalmente a fare dei vini eccellenti, è stata quella di intuire che la scelta della tradizione sarebbe stata la carta vincente, in un periodo in cui in molti spingevano verso un deciso cambiamento nel disciplinare del Brunello attraverso la contaminazione di altri vitigni. Macerazioni non troppo prolungate, botte grande, malolattica spontanea e via discorrendo erano il mantra di Franco. Il figlio Jacopo aveva deciso di farsi le ossa e sperimentare con una tenuta in Maremma, il Castello di Montepo', dove vengono pensati vini diversi dal Brunello, da consumarsi più giovani, di sicuro meno impegnativi e che quindi vedono l'uti